Sinner, Wimbledon è tuo: dal Disastro al Trionfo e il saper trattare “i due impostori” allo stesso modo
C'è una scritta a Wimbledon che ricorda la complessità dello sport: è la più bella lezione che Sinner imparerà per realizzare i suoi sogni.
“Tutto andrà bene”. È questo il titolo scelto dall’ATP Tour per celebrare la storica vittoria di Jannik Sinner a Wimbledon. Un successo forse insperato 35 giorni fa, quando l’italiano piangeva desolato dopo una finale al Roland Garros combattuta per cinque ore e persa in cinque set. Ed è infatti questa duplice immagine a fare da sfondo alle parole dell’ATP: da un lato, l’italiano, a Parigi, ha gli occhi sgranati da cui esce qualche lacrime, forse ripensa a quei tre match point sprecati poco prima; dall’altro, Sinner si poggia sul prato londinese, è sulle sue ginocchia e si regge a malapena sulla racchetta, quasi stenta a credere di essere diventato il primo italiano nella storia a vincere Wimbledon. “Tutto andrà bene”, d’altronde è questo il significato più profondo dello sport: non smettere mai di sognare, perché prima o poi quel sogno si realizzerà. E così è stato per quel giovane “pel di carota” che scendeva a valle dalle vette innevate di Sesto Pusteria per tirare rovesci con una racchetta perfino più grande di lui.
Perché nello sport, e in particolare nel tennis, la vera disciplina è crederci sempre, cercare di migliorarsi, avere la dedizione e il coraggio per superare qualsiasi sconfitta o punto perso. Lui avrebbe potuto arrendersi tranquillamente, specie dopo una finale Slam persa in quel modo e aver fallito anche l’assalto al titolo di Roma, sempre vinto da Carlos Alcaraz. Avrebbe avuto i numeri per essere il miglior tennista italiano di sempre semplicemente ritirandosi oggi. E ce ne sono tanti che hanno dissipato un talento forse anche migliore del suo senza riuscire a vincere nulla (penso a Kyrgios, che forse per la sua bravura nel giocare a tennis avrebbe meritato pure qualcosa in più). Jannik, invece, ha saputo lasciarsi tutto alle spalle, si è fissato un obiettivo e si è migliorato per raggiungerlo. E le lacrime dimostrano quanto ci tenesse: che dentro di lui avesse una tempesta di emozioni lo sapevamo da tempo, ma mai aveva deciso di mostrarla come invece ha fatto a Parigi prima e Londra poi. È una questione di testa, certo, ma anche di forza di volontà, passione e caparbietà: spesso è più facile arrendersi per evitare di provare il dolore di una sconfitta. Ma la ricompensa, se si continua a lottare, può essere ancora più grande. E per Sinner è stata Wimbledon, il torneo più prestigioso al mondo.



Testa, cuore e tanto coraggio: così Sinner ha sfatato il tabù Alcaraz
Eppure Alcaraz era davvero tanto vicino a vincere anche il Major inglese. Non quanto magari ci rivela il risultato - 4-6, 6-4, 6-4, 6-4, che incorona Sinner senza dubbio - ma piuttosto per la qualità del gioco espresso dallo spagnolo nei primi due set. Il tennista iberico era sicuramente più avanti dal punto di vista mentale: nessun errore, servizio incisivo, difesa solida e impenetrabile. La sensazione insomma era che l’altoatesino non fosse riuscito a trovare le contromisure per arginare l’esuberanza dello spagnolo. Poi, però, all’improvviso qualcosa è cambiato nella testa di Sinner: ha iniziato a sbagliare di meno, a cercare un colpo diverso, ha provato ad entrare nella mente di Alcaraz, che infatti si è eclissato quando ha capito che, questa volta, non avrebbe potuto fare assolutamente nulla.
Il tennis, d’altronde, è lo sport del diavolo. Quello dove se sei a un punto della vittoria, due punti dopo sei a un punto dalla sconfitta. E puoi farci ben poco, forse solo applaudire all’avversario, che se ha vinto probabilmente è perché ha giocato meglio. Era successo proprio questo a Parigi, con l’italiano che non ha convertito quei tre match point che avrebbero potuto incoronarlo Re del Roland Garros. Fu più bravo Alcaraz, senza dubbio, che si prese il rischio di sprecare tutto con la consapevolezza che solo prendendosi le proprie responsabilità si può trionfare. E questa è una grande lezione che Sinner ha dimostrato di aver imparato da quella finale: saper rischiare anche quando sarebbe folle farlo per chiunque altro - ripenso alla quantità di seconde di Jannik tirate sulle righe, l’unico modo per non farsi infilare dalle risposte di Carlos ma anche l’unico che ti porta a perdere il punto senza giocarlo se invece di prendere la linea va in corridoio. Ma si sa che la fortuna aiuta gli audaci. E che “la vittoria appartiene ai più audaci”, come si legge sul tetto del Philippe Chatrier, il Centrale del Roland Garros, l’ultimo tempio che Sinner non ha ancora conquistato. Ma c’è anche un’altra citazione che simboleggia il tennis nella sua incredibile complessità: “Se riesci a conoscere il Trionfo e il Disastro e a trattare quei due impostori allo stesso modo” (tratta da una poesia del 1895 di Rudyard Kipling). Jannik è passato dal Disastro di Parigi al Trionfo di Londra in 35 giorni. Ed è forse questo l’insegnamento che lo porterà, un giorno, a realizzare tutti i suoi sogni.